Lo spirituale per legittimare il Sé: Pelle d’Anime
- Pianeta Verde
- 6 apr
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Arte -16 Gennaio 2025
La recensione di Pelle d’anime di Caterina Ruysch Voltini a cura di Nicola Ciancio.
“Il maestro, nell’alchimia tradizionale, rivela ai suoi discepoli alcuni punti, alcuni principi, alcune formule che mai si troveranno scritte nei libri”. (Serge Hutin, L’alchimia, Della Valle editore, 1971)

Il mercato dell’arte non può legittimare se stesso nel tempo: la memoria con tutto il suo valore simbolico se smette d’essere coltivata non ricapitalizza, a lungo andare rischia di divenire una bolla economica e speculativa.

Questo è il motivo sostanziale (nessuno ve lo scriverà con questa chiarezza) per cui l’arte contemporanea non riesce più a legittimarsi tra fiere, biennali e mostre in musei e collezioni d’arte contemporanea, solo attraverso l’enigma del sacro può essere compresa, nel nome di questo si ritrovano in Musei d’arte contemporanea artisti vivi nati morti, dialogare con artisti morti eternamente vivi, questo spiega perché chiese e luoghi di culto si sono aperti al confronto con l’arte contemporanea, che al di là del suo valore contenutistico e artistico diviene oggetto di culto, così è sempre stato.

Nel nome di questo, mi getto nella calca infernale di Via dei Tribunali per andare a vedere “Voliera di anime”, nel complesso monumentale di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Argo, per confrontarmi con l’ultima acquisizione in collezione (voi direte: ma come in un luogo di culto?

Si, in un luogo di culto si legittimano acquisizioni e brandivano gli artisti, che male c’è).

Se l’arte è una religione, perché non farla evadere dai Musei e dopo averla consegnata alla strada farla entrare in spazi di culto?):“Pelle d’anime” è il lavoro di Caterina Ruysch Voltini, la curatela è di Nicola Ciancio.

Il luogo è tra i più energetici di Napoli, si sente l’intermediazione tra vita e morte, questo al di la di quanto ha stabilito il tribunale ecclesiastico nel 1969, l’energia delle anime del purgatorio c’è, esiste ed è reale, qui lo sappiamo tutti, per questo l’arte contemporanea cerca la loro approvazione, nella speranza che tenga all’urto del tempo e della memoria, ma questo è tutto da demandare alle anime del purgatorio, che nel nome di questo da sempre frequento, proprio perché simili a me:
“quei resti mortali non sono identificabili come appartenenti a persone storicamente conosciute di cui si possa provare la santità di vita nell’esercizio in grado eroico di virtù soprannaturali”.

Il culto di chi non è stato nessuno, Ulisse della porta accanto, vere divinità del nostro tempo, umani come dobbiamo ambire a restare su questo pianeta, perché qui abbiamo sempre abitato prima dell’incrocio e dell’imposizione dell’unica nostra attuale variante, quella dei sapiens sapiens.

Accade che tutto questo l’intercetti con visionarietà e spiritualità un artista del valore di Aniello Scotto, Maestro d’incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, rendendo la sua scultura fuori dal tempo e già oggetto di culto, con tanto di ex voto e desiderata per aldilà e un rosario apposto da un fedele, tutto ha avuto inizio con il suo intervento, il suo culto e il suo sentire è reale, come l’anima collettiva di tutta Napoli, qualcosa però lasciatemela dire, è fuori posto e anche un poco banale, proprio perché non siamo in un Museo d’arte contemporanea, ma in un luogo di culto popolare, uno dei più esoterici di Napoli.

Mi riferisco a “La notte di Sant’Anna” di Concetta Modica, “viaggio di un sepalo per diventare una stella”, opera commissionata originariamente da Il Museo Civico di Castelbuono, lavoro ricamato collettivo, ma intriso di contenuti che poco hanno a che fare con la storia e l’intensità energetica del luogo che la ospita, ricamo, collettività, studio dell’astronomia, ruolo della donna e tracce d’identità collettiva femminista, cosa hanno a che vedere con l’anima di questo luogo?

Per non parlare della collocazione, invasiva, seppur defilata, una celebrazione dell’intelletto fuori luogo in uno spazio votivo dove la comunicazione con i morti dovrebbe partire dalla nostra dimensione, verso l’altrove ci porteranno loro, con quale presunzione siamo noi a indicare loro la rotta?

A questo punto che loro preghino per noi e risolviamo tutte le problematiche dei culti terreni rendendo cieli per loro struttura mobili dalla nostra prospettiva, qualcosa d’immobile che celebri noi stessi, quanta vanità.

Umile e puntuale invece Jan Fabre con il suo numero 85, numero di trasformazione e mutazione, lavorazione in corallo come da tradizione locale e dialogo con chi nel passato e nella memoria ha lavorato in tal senso interagendo con la preziosa ed esoterica decorazione di Dionisio Lazzari, questa è la giusta dimensione del dialogo, partire dalla sacralità energetica del luogo dove s’interviene.

Andiamo al punto, la nuova acquisizione “Pelle d’anime” di Caterina Ruysch Voltin, nella sua valorizzazione tramite la luce delle ombre e dei segni del tempo è nelle intenzioni buona, ma è invasiva e disturbante, al punto che giustamente, quando sono andato a vederla era spenta, la magia del luogo è nella luce diffusa che c’è, perché presumere che l’osservatore non senta e vada guidato da un dispositivo nel muoversi con lo sguardo in un luogo così spirituale e pregno d’energia?

Belle le farfalle stilizzate nei piccoli dipinti dell’artista che riprendono la logica espositiva degli ex vito, emerge la Greta oto, la farfalla dalle ali trasparenti nota per le sue lunghe migrazioni: Greta Oto rappresenta simbolicamente l’anima che attraversa le prove della purificazione per giungere alla sua trasformazione finale.

I piccoli dipinti, disposti nello spazio circostante, accompagnano l’installazione principale, creando un dialogo silenzioso e intimo con l’ambiente, bastava solo questo, con le anime del purgatorio volitivamente si dialoga in punta di piedi, al momento l’intervento più prezioso è quello di Aniello Scotto, questione di spiritualità insita nella formazione artistica che sa volare basso per essere alta.

Pelle d’anime
installazione permanente di Caterina Ruysch Voltolini
Via Tribunali, 39 – 80138 Napoli
tel.: 081 440438
cell.: 3715831130
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